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di Francesca Romana Paradiso
“La grande onda” al chiostro del Bramante
Era il 25 agosto 1886, anno in cui Giappone e Italia strinsero formalmente il primo Trattato di amicizia e commercio che sanciva “pace perpetua e amicizia costante tra Sua Maestà il re d’Italia e Sua Maestà il Taicoun, i loro eredi e successori”. Nel 1854, un’infezione aveva colpito buona parte delle aree sericole della penisola italiana. Il mercato giapponese delle uova di baco da seta poteva dunque costituire una via d’uscita al problema nonché un nuovo sbocco commerciale.
Tale accordo contribuì a definire una costruttiva convergenza di interessi economici tra le due nazioni che si è protratta per più di un secolo e mezzo. Per il Giappone la domanda italiana rappresentava una fonte di profitto e si calcola che dal 1886 al 1912 più di un quinto delle importazioni Italiane provenissero dal territorio nipponico.
A 150 anni dalla nascita di questa amicizia, Italia e Giappone hanno dato il via ad una lunga serie di eventi in numerose città italiane tra cui la mostra del fotografo realista Domon Ken tenutasi fino a settembre all’Ara Pacis di Roma e la mostra intitolata “La Grande Onda. Viaggio in Giappone” che sarà visibile al chiostro del Bramante dal 10 aprile al 10 settembre 2017.
Hokusai, Utamaro, Hiroshige, Kunisada e Okkei saranno i protagonisti di un viaggio alla scoperta di tradizioni, stili e gusti estetici. L’arte occidentale del Postimpressionismo deve molto all’influsso delle stampe giapponesi: Van Gogh in primis subisce la fascinazione del colore e dei suoi contrasti cromatici tra diversi piani, tanto da riproporre la stampa di Hiroshige, “Il ponte di Shin-Ohashi” conservando lo stesso dinamismo con una diversa sensibilità. Le tonalità di colore sono più scure e malinconiche con ritorno alla tridimensionalità, assente nell’originale caratterizzato da campiture di colore uniforme. Ma è proprio questa caratteristica ad attrarre profondamente Paul Gaugin che riutilizza la tecnica del cloisonnisme nelle opere della sua maturità.
In una lettera al pittore Bernard Gaugin scrive “Guardate i Giapponesi, che pure dipingono in modo ammirevole e vedrete una vita all’aria aperta e al sole, senza ombre. Usano i colori solo come combinazione di toni, di armonie diverse.[…] voglio staccarmi quanto più è possibile da qualsiasi cosa che dia l’illusione di un oggetto, e poiché le ombre sono il trompe-l’oeil del sole, sono propenso ad eliminarle”.
Più recentemente l’Occidente ha fatto propri alcuni pattern dello stile giapponese tra cui il genere fumetto noto a noi con il nome di Manga: semplificazione estrema dei raffinati elementi decorativi che hanno contribuito a rendere famose e apprezzate le stampe giapponesi.
Sinestesie nell’arte: Kandinsky al Mudec
“Un grande triangolo, acuto, diviso in sezioni diseguali che si restringono verso l’alto rappresenta in modo schematico ma preciso la vita spirituale.” Wassily Kandinsky con queste parole ne “Lo Spirituale nell’arte” dà inizio ad uno dei movimenti più dirompenti, discussi ed affascinanti di primo Novecento: l’Astrattismo. Manifesto di una nuova modernità che si esprime attraverso esperienze sensoriali differenti con il binomio suono-colore, Kandinsky ricorre nelle sue tele a tre elementi che costituiscono una costante nella sua produzione artistica: il punto, la linea e la superficie. Tali combinazioni acquistano forza e significato mediante l’uso del colore cui sono associati i “quattro suoni principali”: caldo-scuro, caldo-chiaro, freddo-chiaro, freddo-scuro.
L’affinità elettiva così stretta tra musica e poesia da una parte, e forma e colore dall’altra rende questo artista unico, misterioso, quasi profetico. L’artista dunque, in un mondo di solitudine e incomunicabilità di primo Novecento, spinto da una “necessità interiore” riscopre la propria identità attraverso lo strumento illogico e catartico dell’arte sulla scia delle teorie sulla psiocoanalisi di Freud e Jung.
Dal 15 marzo al 9 luglio 2017 a Milano è possibile approfondire la conoscenza di Kandinsky al Mudec con una mostra multimediale ed interattiva che conta 49 opere dal vivo intitolata “Kandinsky il cavaliere errante”. Un viaggio fiabesco, colorato ed immaginifico che ripercorre la vita dell’artista nella cornice della tradizione russa e di un’evoluzione di forme e colori con un approccio scientifico verso l’astrazione.
La vita abbatte e schiaccia l’anima e l’arte ti ricorda che ne hai una.
Oggi, 15 marzo 2017 la redazione “1789, La rivoluzione delle idee”, nata dalla collaborazione di studenti di giurisprudenza e di economia del primo anno è lieta di annunciare l’inaugurazione della rubrica dedicata al mondo dell’arte e alle curiosità culturali con alcuni richiami alla sfera economica: “start from 1789!”
I temi chiave che affronteremo verteranno sull’ispirazione individuale nel processo artistico, sulle motivazioni personali e collettive che hanno portato alla nascita dei movimenti e delle correnti riconosciute e codificate; sui variabili rapporti con la committenza, il pubblico e la critica, comunque determinante nel decretare fortune ed insuccessi di opere e autori; sul mercato, sui meccanismi di produzione, riproduzione e diffusione del fenomeno artistico e dei suoi protagonisti tra era della rivoluzione industriale ed era della globalizzazione.
Questi temi verranno inquadrati sullo sfondo del mutevole rapporto nello spazio e nel tempo tra fenomeno artistico e realtà sociale: l’arte possiede la funzione quasi profetica di anticipare processi e tendenze, di riflettere criticamente sul presente, o ancora di reinterpretare il passato in forme nuove: tali diverse attitudini esprimono la perenne tensione tra innovazione e tradizione, fornendo a ogni singola opera la possibilità di ‘collocarsi’ e ‘dialogare’ con la produzione estetica precedente e contemporanea.
Un ulteriore elemento di riflessione è rivolto al senso del fare artistico che si è progressivamente emancipato dal ‘bello ideale’ kantiano, estendendo il campo delle forme e delle pratiche espressive in maniera pervasiva e spesso provocatoria. Diverso è il coinvolgimento dei fruitori nei riguardi del messaggio e del significato di un’opera contemporanea, diversa l’esperienza ‘totale’ cui vengono sollecitati a partecipare e talvolta a interagire proattivamente, attraverso la performance.
Tutti questi aspetti aprono a un vasto campo di interpretazione del fenomeno artistico e dei suoi derivati, che non è più fisso e inequivocabile come avveniva per il passato con le committenze e con il pubblico, ma è oggetto di fraintendimenti o addiritturaindecifrabile. Una forma, questa, di ‘desacralizzazione’ che testimonia tuttavia il crescente avvicinamento di pratiche anche molto differenti - arti, beni culturali, letteratura, festival, produzioni cinematografiche, e più in generale delle attività creative - alla esperienza del quotidiano, che può e deve essere anche letta alla luce della rinnovata importanza della creatività nello sviluppo di economie legate alla conoscenza, nel quadro dell’impegno una crescita intelligente, inclusiva e sostenibile sancito a livello comunitario dalla Strategia Europea 2020.
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