Nessuno tocchi il carbone a Trump
- Edoardo Venturini
- 31 mag 2017
- Tempo di lettura: 3 min

Donald Trump ha deciso: secondo indiscrezioni di stampa usa, il Presidente degli Stati Uniti d'America, secondo paese più inquinante al mondo, vorrebbe sfilarsi dagli accordi di Parigi, Cop 21, firmati nel 2015 da 196 nazioni del globo volti a salvaguardare l'ambiente dai cambiamenti climatici. La mediazione degli altri 6 leader presenti al G7 di Taormina non è bastata a far cambiare idea al Presidente, il quale deciso a far riprendere l'economia americana, investendo su carbone e petrolio, ha affrontato la questione ribadendo la propria indisponibilità a rivedere le proprie posizioni.
Del resto Donald aveva promesso in campagna elettorale un ritorno deciso al combustibile fossile ed al grido di “Trump digs coal” ( ossia Trump scava carbone ) aveva conquistato il voto dei minatori del profondo west degli Stati Uniti.
Si potrebbe dunque dire che a differenza di molti politici di Noantri, abbia mantenuto la parola, agendo di conseguenza con quanto affermato durante la campagna.
Il problema essenziale è che una decisione di tale portata non avrà solo, forse, effetti positivi sull’economia statunitense, ma anche un impatto globale disastroso in termini di lotta ai cambiamenti climatici. Quando si ragiona di surriscaldamento globale, non lo si fa in termini di una singola nazione sovrana, che in quanto tale può scegliere cosa sia meglio per essa, ma come si può dedurre dal vocabolo, lo si fa su scala mondiale. Il fatto che gli Stati Uniti vogliano implementare le proprie emissioni, già alte, di CO2 non avrà una ricaduta negativa solo su New York, Boston o Miami, ma anche su Londra, Roma o Sidney.
Non sono mai stato uno sfegatato ambientalista di quelli che credono che si possa cambiare il mondo con un pannello solare sul tetto, in quanto so che dei cambiamenti drastici ed epocali richiedono molto tempo, che però questa volta non abbiamo. La scienza, a cui abbiamo il dovere di affidarci, altrimenti dovremmo tornare nelle caverne, ci dice chiaramente che se non conterremo l’aumento della temperatura sotto 1,5 gradi entro il 2050, il processo di surriscaldamento sarà irreversibile, e se sarà irreversibile vorrà dire una parola: fine.
Donald Trump ha 70 anni e per quanto auguri lui il più ampio orizzonte di vita dinanzi, ha già trascorso una fetta maggioritaria del suo essere; oggi è a capo della prima potenza industriale, della prima economia mondiale, del paese più ricco in termini di reddito, ed ha nelle sue mani il futuro dei suoi figli e dell’umanità tutta.
La salvaguardia dell’ambiente non è di nessuna parte politica, non può considerarsi esclusivo patrimonio di questo o di quel candidato, né tantomeno di quel presidente o di quel primo ministro; può e deve però ritenersi di tutti i cittadini, che hanno il diritto di vivere in un ambiente sano e pulito.
Ciò che Trump deciderà pare ormai scritto, e dunque non si può far altro che sperare che il suo successore ( nel 2020 o nel 2024 ) faccia diversamente; più in generale però dobbiamo portare a conoscenza di noi giovani che si approcciano al mondo, e magari un giorno avranno il privilegio di decidere per conto di un popolo, che non vi è maggior successo di quello di lasciare un mondo più bello per chi avrà l’onere di venire dopo di noi.
Spesso questo porterà a limitare i diritti di alcuni, come i minatori che estraggono carbone, i quali sarebbero parimenti contenti di produrre pannelli solari, ma se così non potesse essere, la Politica deve agire nell’interesse generale, e non in quello particolare, sacrificando alcuni per salvare tutti.
May God bless us.
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