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(D)istruzione di massa
March 13, 2017
Vedo tante famiglie, tanti bambini. Tanti incastri di abitudini e consuetudini, di dinamiche e tipologie di famiglia. Fino a dieci anni fa vedevo un tentativo forte di educare. Educare, che parola grande… L’ etimologia di educĕre indica il guidare, il condurre ad un conveniente livello di maturità intellettivo e morale; sviluppare ed affinare una dote o una competenza.
La scuola e la famiglia sono le due istituzioni cardine in tale processo. Vi racconterò cosa vedo in ambo le situazioni.
Scuola: distrutta e lasciata andare, piena di stanchezza e risentimento, vecchia ed invecchiata, tenta di non affogare con i suoi germogli dentro. Oggi nelle scuole si progetta; parola altisonante che si traduce cercando di riempire il tempo con attività che piacciono ai clienti. Eh già, oggi la scuola è un'azienda e, come tale, funziona. Venti anni fa, si studiava, si imparava a rapportarsi con la prima istituzione che un bambino incontra nella sua vita. Ogni grado di istruzione era definito ed impegnativo, ogni grado, aveva lo scopo (con i limiti che ogni struttura umana ha) di far maturare al massimo quel germoglio affidato dalle famiglie. Bambini educati al lavoro, all’ impegno, alla socialità rispettosa.
Io che scrivo sono figlia di quella scuola. Sono figlia di tabelline imparate a memoria, di compiti a casa, di settimana lunga; sono figlia di un tempo che ti faceva temere qualsiasi appunto scritto dal docente sul diario. I miei compagni di classe erano bambini più o meno vivaci, con il grembiule e il pensiero alle verifiche.
Poi c'era la famiglia. Le famiglie erano per lo più medio borghesi. Famiglie di lavoratori impegnati tanto, impegnati per dare il massimo ai loro figli. I nostri genitori erano al massimo diplomati. Per noi volevano il meglio. Siamo cresciuti con le mamme o le nonne. Siamo cresciuti con le bretelle ed i calzini bianchi. Non ci è mancato nulla, rimproveri e veti inclusi.
Poi è successo qualcosa.
Non è stato un colpo improvviso. Non c’è stata una rivoluzione (semmai una lenta involuzione). Piano piano i nuovi genitori (noi) sono diventati traslucidi, quasi evanescenti. Noi che siamo cresciuti con tanti no e tante tabelline, siamo diventati i sindacalisti dei nostri fragili figli. Nel frattempo la scuola non è stata capace di tenere le redini, lasciandosi trasportare. Politica, famiglie, società: tutte contro quella scuola che aveva allevato in seno le sue serpi.
Oggi gli alunni sono troppo impegnati per fare i compiti, ma i genitori li giustificano; oggi i bambini non sono più educati da nessuno, ma le due istituzioni principali, si rimpallano a vicenda la bomba; oggi ai bambini viene tolto il desiderio e l'impegno, perché essendo figli di separati non possono avere i “no”, essendo impegnati in attività extra scolastiche non possono impegnarsi, non possono essere educati con i coetanei perché sono circondati di persone, nessuna delle quali dice NO. I “no” sono regole. Senza regole non c’è felicità. Chi non avrà i “no”, che significano “ti guardo, ti vedo e ti correggo”, li cercherà in ogni modo.
Dove siamo? Siamo nel periodo storico della (D)istruzione di massa. E qualcuno dovrà risponderne.
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